Jason Kay, meglio noto come Jamiroquai (nome di una tribù irochese), dice basta ai tour e concerti. Il pubblico lo ha sfiancato per 15 anni, dichiara. Ora vuole dedicarsi a ciò che gli interessa, tra cui maggiormente all’impegno sociale, spesso oscurato dalla sua fama e a dall’impegno di soddisfare sempre e comunque le richieste dei produttori che lo pressavano per avere canzoni di successo e vendere, vendere, vendere a tutti i costi. Jamiroquai non ha rinnovato il contratto con la sua casa discografica, che si è dunque spontaneamente chiuso. Non prima, però, di pubblicare l’antologia dei suoi successi, dal tiolo “ High Times: singles 1996-2006”, peraltro da lui non voluta ma richiesta come gettone d’addio dai suoi discografici.
Jamiroquai è quindi stanco delle sue stesse canzoni e in qualche modo le ripudia a favore di progetti più sperimentali e non propriamente commerciali.
Il 37enne cantante inglese, ex squatter, vuole in qualche modo ritrovare le sue origine un po’ zingare e ha di recente comprato un camper per poter girare e dormire dove gli capita. E’ vero che i soldi ti cambiano (è miliardario, ha due Ferrari e una tenuta enorme nel Buckinghamshire) ma le origini non si cancellano. Bravo Jamiroquai, uno dei pochi che, ancora giovane, ha fatto una scelta coraggiosa: mollare il successo, tenerne i frutti (sicuramente sostanziosi) e dedicarsi alla propria vita e ai propri interessi, alla faccia delle vendite. Encomiabile se si pensa a quanti continuano ad auto-sfruttarsi e marciare sulla vecchia gloria, spesso con risultati patetici.
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